Quella voglia matta dei fablieux medievali

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    Quella voglia matta dei fablieux medievali



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    CARLO GRANDE
    Nel Roman de la rose di Jean de Meung ci si chiede se sia conveniente chiamare con il nome più diffuso e schietto quel «coso lì» (il «pendaglio del diavolo»), o quella «cosa là» (mes prez, il mio prato), ovvero gli organi genitali maschili e femminili e altre cose imbarazzanti che ci circondano, o usare sinonimi eleganti e l’armamentario delle convenzioni sociali.

    Nel Roman, ricorda Alessandro Barbero nel suo nuovo libro (del quale trascrivo con acconcio imbarazzo il titolo: La voglia dei cazzi e altri fabliaux medievali, Edizioni Mercurio), ha luogo un memorabile dibattito fra Ragione e l’Amante, a proposito delle parole oscene e dei tabù linguistici: Ragione ha usato la parola coilles (coglioni) e l’Amante s’è indignato. Qualunque cosa buona in sé, ribatte Ragione, può essere chiamata col suo vero nome, anche quelle nobili cose che il Padre mio in Paradiso fabbricò un tempo con le sue mani: «perché volentieri, e non controvoglia, Dio ha messo nei coglioni e nel cazzo forza di generazione». Ma Dio ha creato le cose e non le parole, insiste Amante. Ragione non indietreggia: «Se io, quando ho messo nome alle cose che tu tanto disprezzi – dice - avessi chiamato reliquie i coglioni, e coglioni le reliquie, tu avresti considerato brutta e volgare la parola reliquie». Quanto ai coglioni, aggiunge, «ti parrebbe una parola meravigliosa, e saresti pronto a baciarli nei loro scrigni d’oro e d’argento».

    La vexata quaestio – assurdi nomignoli o gioiosa e rabelaisiana libertà di linguaggio – è attualissima, stante la grande volgarità (non solo lessicale) che ci circonda. Barbero ce la ripropone traducendo una ventina di fabliaux, poemetti francesi duecenteschi ricchi di termini e situazioni esplicite, recitati per il sollazzo della gente e forse anche delle corti. Venti esilaranti storie (alcune delle quali hanno avuto grande fortuna letteraria, da Boccaccio a Bandello e La Fontaine), piene di mogli impertinenti e mariti creduloni, di serve e stallieri, insomma, del colorito campionario di buoni e canaglie che rinverdisce a ogni generazione la mala pianta dell’umanità. Il libro non è solo «divertente» (termine frusto) ma intelligente e coraggioso: Barbero rivitalizza i fabliaux come solo uno scrittore-studioso poteva fare, con assoluta fedeltà e arguzia, lasciando intatta la bellezza del parlato nella prosa. Senza snobismo o pruderie, senza épater les bourgeois o fornire scuse alla volgarità, ma, al contrario, ossigenando gli spiriti con l’aiuto del paradosso e dell’anticonformismo. Nessuno meglio di un artista sa quanto ciò sia necessario: un poeta, d’altra parte, scriveva che la vera pornografia sta piuttosto in parole come «fame», «povertà», «guerra» e «tradimento».

    Titolo: La voglia dei cazzi e altri fabliaux medievali
    Curatore: A. Barbero
    Edizioni: Mercurio
    Pagine: 2142
    Prezzo: 12 euro

    www.lastampa.it


     
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  2. ikastrulletta94
     
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    :):):)
     
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  3. agata54
     
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    :wacko: :wacko: :unsure: -_- :rolleyes: :P ;) :lol:
     
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  4. ikastrulletta94
     
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    :)
     
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  5. annamery49
     
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  6. cartona64
     
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    ;)
     
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  7. annamery49
     
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  8. cartona64
     
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7 replies since 4/9/2009, 17:02   84 views
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